Pubblico un racconto ma me scritto in occasione del concorso "Parole in corsa" indetto da ATAC.
Fatemi avere un vostro parere.
E’ una brutta giornata qui a Berlino; il sole è nascosto da grosse nubi cariche di pioggia che minacciano di scaricare presto a terra il loro contenuto, e il vento freddo proveniente da nord incoraggia la maggior parte delle persone a starsene a casa propria.
Nonostante ciò mi ritrovo a vagare senza una meta precisa alla ricerca di idee; se non consegno il pezzo entro domani il capo – redattore mi fa a strisce.
Queste strade, solo due anni fa, erano invase da migliaia di italiani in festa per la vittoria della Coppa del Mondo di calcio; c’ero anche io, col volto tricolore a gridare a squarciagola: “Campioni del Mondo!” e a cantare assieme a persone sconosciute fino ad un paio di ore prima ma che, per il solo fatto di essere italiani, erano diventati per me come fratelli. In quel momento ebbi la percezione di stare partecipando ad un momento storico, di quelli che si raccontano a parenti e amici a distanza di decine di anni.
Queste stesse strade, nel 1989, così come la vicina Potsdamer Platz, furono teatro della caduta del Muro. Le abbiamo tutte negli occhi quelle immagini; persone di ogni ceto e di ogni età che con scalpelli, martelli e perfino ruspe abbattevano quell’agglomerato di mattoni che simboleggiava la Cortina di Ferro tra Ovest ed Est.
Cessarono così di esistere berlinesi dell’est e berlinesi dell’ovest; in quei momenti tutti si abbracciavano e cantavano insieme, esattamente come me due anni fa.
Quelle persone ebbero l’esatta percezione di ciò che stava accadendo? Ebbero la sensazione di essere protagonisti di un avvenimento che avrebbe cambiato il corso della storia ed avrebbe influenzato la vita di milioni di persone?
Quale responsabilità; cambiare il corso della storia.
Spesso si tende a considerare il passato come qualcosa oramai lontano da noi, che non può farsi sentire in alcun modo; allo stesso modo si vedono gli attori protagonisti di quel passato come personaggi oramai viventi solo sui libri di storia o in vecchie fotografie ingiallite dal tempo, incapaci di influenzare in alcun modo la nostra vita.
Spesso, in mano a pochi uomini, viene consegnato il nostro destino.
Spesso poche persone si ritrovano a dover prendere decisioni che, in un modo o nell’altro, finiranno per influenzare la vita di tutti non solo nel presente ma anche nel futuro. E ancor meno sono quei personaggi che se ne rendono conto. La lungimiranza è per pochi, e la sola intelligenza non basta.
Uno dei più grandi geni della storia dell’umanità, il mitico Albert Einstein, avrebbe mai potuto immaginare che le sue scoperte e i suoi studi sulla teoria della relatività avrebbero aperto la strada ai massacri di Hiroshima e Nagasaki? Visse nel rimorso gli ultimi anni della sua vita, con la consapevolezza di aver avuto in mano, nella sua testa, la vita di milioni di persone, senza rendersene minimamente conto.
Il peso della storia si fa sentire nelle grandi occasioni, ma la sua voce è condannata ad essere del tutto inascoltata; i cruenti massacri della Prima Guerra Mondiale e gli orrori della Seconda continuano a rivivere nelle guerre dei nostri giorni, nelle quali generali con divise piene di stellette e medaglie continuano a muovere sulla carta piccoli omini di plastica, dimenticandosi che quelli sono in realtà migliaia di uomini ognuno con una propria vita, con qualcuno che li attende a casa, purtroppo a volte invano.
Altre volte siamo noi stessi ad avere in mano la nostra storia, ma ce ne accorgiamo troppo tardi.
Ed ecco multinazionali senza scrupoli e governi conniventi che continuano impunemente a deturpare il nostro pianeta, trovando in noi tutti preziosi e consapevoli alleati; così come il fumatore incallito non smette di fumare pur sapendo di farsi del male, così noi continuiamo a farci del male pur avendo tutti i giorni sotto i nostri occhi gli effetti dell’inquinamento prodotto dalle nostre attività.
Ciò che noi sprechiamo per miliardi di persone è vita, ma quanto è labile la nostra memoria!
Così agiamo noi, e così agiscono gli uomini di potere. Siamo pigri noi, sono pigri loro.
Forse potrebbero pensare a lungo termine, forse potrebbero vedere gli effetti delle loro decisioni su di noi. Ma sono pigri; preferiscono fermarsi al loro lungo termine, ci guadagnano. Inutile pensare al nostro di lungo termine, non ci guadagnano.
E’ la logica del guadagno che pervade la nostra storia, che spinge nazioni a portare guerra invece di pace, armi invece di viveri, distruzione invece di costruzione, morte invece di vita.
Così oggi si fa la storia. Così si faceva ieri. Nulla è cambiato.
Siamo noi attori o semplici comparse di tutto ciò?
Attori lo siamo, ogni volta che tracciando una croce su un simbolo permettiamo a qualcuno di prendere in mano il nostro destino; comparse lo diventiamo, ogni volta che puntualmente ci accorgiamo di aver messo la croce al posto sbagliato.
A quel punto si va in piazza, per tornare ad essere protagonisti per un giorno; poi si torna a casa e si rivestono i panni della comparsa.
Fu così in quel 1989, fu così a Baghdad pochi anni fa, sarà così la prossima volta.
Squilla il mio cellulare; è quella bionda che ho conosciuto ieri a quell’aperitivo.
Chissà, nel giro di qualche minuto la mia storia potrebbe cambiare.
martedì 1 luglio 2008
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